La bimba è senza carta d’identità.
Ci affideremo ad un nome di fantasia per descrivere un caso che sta facendo discutere in termini sociologici ma anche legali a Venezia.
Maria (nome inventato) ha sei anni e si appresta a iscriversi alla prima elementare. La bimba è stata già al centro di attenzioni quando venne partorita attraverso il procedimento in vitro con seme di donatore anonimo, e vive attualmente con la mamma biologica e la compagna. Si trattava del primo caso nel Veneto.
Al momento della richiesta del documento di identità della piccina i funzionari dell’ufficio anagrafe si sono trovati in estremo imbarazzo.
Da aprile infatti, per decreto del Ministro dell’Interno Matteo Salvini controfirmato da Bongiorno e Tria, nei documenti non esiste più la frase “genitore o chi ne fa le veci”. In sostituzione troviamo il termine “padre”.
Il problema, secondo anche quanto asserisce l’ufficio legale del comune, è che inserire un nome palesemente femminile potrebbe sfociare in un “falso”.
In sostanza alla bimba è stata negata la carta d’identità. Maria resta quindi in attesa di chiarimenti richiesti al Ministero, che non sarebbero ancora giunti.
La bambina è legittimamente figlia sia della madre biologica che della di lei compagna, la quale ha ottenuto l’adozione. Ma anche in quel caso attorno alla bimba si erano scatenate polemiche. Questa volta fomentate dalla comunità arcobaleno. Il Giudice che stabilì l’adozione aggiunse alla sentenza la postilla circa “l’opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale”.
Insomma per la povera Maria si preannuncia forse una vita sotto i riflettori.
Gli avvocati Valentina Pizzol e Umberto Saracco, che assistono la coppia, ne fanno anche una questione legale. Si chiedono infatti che senso avrebbe una posizione di questo tipo da parte del governo italiano, mentre in Europa si sta andando in tutt’altra direzione. L’avvocata Pizzol ricorda infatti che sarebbe allo studio in Europa la possibilità di inserire una casella con un terzo genere da aggiungere a quello maschile e femminile, per chi non si riconoscesse nei primi due.